giovedì 18 maggio 2017

Il Garage Indiano_5 La dignità della scopa di saggina


Obbiettivo Reliance Market, ho capito soltanto alla fine che nessuno lo conosceva perché era Reliance Fresh. Ma un po’ di elasticità mentale?

Eravamo io, 10 persone e 7 risciò. Sembra l’inizio di una barzelletta e un po’ lo è stata. Devono averlo preso dagli inglesi (maledetti) questo senso di precisione nel parlare, che chiaramente hanno convertito rendendolo del tutto indiano. Quindi dovresti esser capace di parlare inglese, ma con la pronuncia e alcune parole convertite completamente all’indiana. Ricordo quando io e Luca eravamo all’aeroporto di Londra per tornare verso l’Italia: uno degli italiani (sorprendentemente la fila era molto silenziosa e, forse, rassegnata) ha dei problemi con il sacchetto che contiene i liquidi da portare in cabina, dentro l’aereo. La guardia continua a dirgli che non capisce. Lui risponde che con lo stesso sacchetto, identico, è arrivato qualche giorno prima a Londra. Perché non dovrebbe potere uscire di nuovo da Londra, con lo stesso sacchetto? Il discorso filava, ma la guardia non capiva. Come si sa gli italiani, in media, non hanno una padronanza straordinaria dell’inglese: la spiegazione che il mio connazionale stava portando era, si corretta da un punto di vista di ragionamento, ma stava sbagliando dei tempi verbali. In qualche maniera gli stava dicendo che qualche giorno fa “avrà portato” lo stesso sacchetto dall’Italia all’Inghilterra, e che è esattamente della stessa capienza di quelli che hanno loro, trasparente, soltanto non con il marchio della compagnia aerea. Quello sbaglio di forma verbale però bloccava completamente la testa della guardia inglese, che non riusciva proprio a “capire”. Dopo un po’, un italiano con una padronanza straordinaria invece dell’inglese, rispondendo bruscamente alla guardia gli ha spiegato che, se lavora in aeroporto, con passeggeri da tutto il mondo, dovrebbe avere un po’ più di elasticità mentale. Glielo disse così talmente bene che la guardia, imbarazzata, si è fatta dare il cambio spostandosi di metal detector.
Così eravamo lì. Reliance Market. Quando ad un certo punto, grazie all’ausilio dei fenomenali mezzi tecnici telefonici, sono riuscito a mostrargli una foto del logo del supermercato. Mi sono preso paura, non l’avessi mai fatto! Un boato che a confronto tutti i clacson della città non erano niente! E poi sorrisi, pacche sulle spalle, come se la squadra di cricket di Jodhpur avesse vinto il campionato nazionale.
In 10 minuti sono arrivato al supermercato e, da buon italiano, ho comprato due pacchi di pasta. Non vi dico tra le altre cose lo stupore degli inservienti del forte quando mi hanno visto entrare in cucina. Le donne addette a spazzare il cortile (penso facciano soltanto questo dalla mattina alla sera, con quelle scope di saggina senza manico, che ti obbligano a stare piegato, quasi a livello terra - dal mio punto di vista anche un po’ umiliante, ma ormai sono abituato a vederle) si sono messe a sghignazzare e, incredule del fatto che avessi messo l’acqua bollire, hanno anche chiamato una terza che non avevo mai visto. Lasciando per un secondo da parte ciò che è avvenuto oggi ci tengo a precisare e a rendere partecipe il lettore della bellezza delle donne indiane. Non sto parlando dello stesso tipo di bellezza alla quale spesso pensiamo quando ci venne in mente una bella ragazza. Per cercare di fare un paragone minimamente esplicativo mi viene da citare Gep Gambardella, nella Grande Bellezza:
Quando da piccoli ci chiedevano quale fosse la cosa che ci piaceva di più, tutti rispondevano la figa, tutti ma non io, la mia risposta era “l’odore delle case dei vecchi”.
Ecco, per capire la bellezza delle donne indiane c’è da andare un po’ al di là della concezione comune che abbiamo di bellezza: bisogna cercare il senso nei loro occhi, l’esperienza nelle loro fronti, la delicatezza nelle loro mani, la verità nelle loro pance scoperte e la ricchezza nel colore del velo con cui si coprono il volto. Forse sarò io di coccio, ma a me c’è voluto tanto tempo, molti silenzi in contemplazione, molti momenti di imbarazzo davanti alle loro esperienze, per capire un briciolo della “bellezza” della quale è impregnata ogni azione, ogni singolo particolare delle donne indiane.

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