domenica 14 maggio 2017

Il Garage Indiano_1/2 Pronostici

Perché 1-2? Perché al momento il mio bioritmo è sull’orario italiano. Quindi giorno 1. Ma qua siamo al secondo. E francamente mi sento anche al secondo. La fatica si inizia a far sentire. Arrivato all’aeroporto di Delhi, che regala sempre un sacco di gioie, faccio per andare a cambiare dei soldi. Con valigia e tutto già ritirata e con mille altri pesi. Aggiungendo a ciò la fatica accumulata dalle 17 ore e mezza di sveglia, ecco che quando il ragazzo al punto "change money" mi dice
Guardi, ci vorrà un po’.
Come? Quanto? E perché?
Ci vorrà una mezzora, il sistema è bloccato.
Silenzio. Lo guardo. Lui non mi guarda. Poi mi guarda e accenna ad un sorriso senza senso.
Mi siete proprio mancati.

E mi sono messo a ridere da solo.

Nonostante tutto, data la mia maniacalità nell’essere raggiungibile da casa, provo a vedere se la scheda dell’altra volta funziona ancora e fortunatamente ha anche credito. L’India è fatta di questo. Sfiga inaspettata, seguita da colpo di fortuna ancor più inatteso. Mamma, la mia filosofa del buon umore per eccellenza, mi ha detto:
certo che non funzionava il sistema. Avesse funzionato sarebbe stato perfetto. E quando le cose sono perfette dopo un po’ stancano. Verissimo.

Nel viaggio da Francoforte a Delhi 2 film e mezzo. Qualche decina di minuti a lavoro. Niente sonno. Ciò ha fatto sì che all'atterraggio avessi una stanchezza tripla addosso. E per di più erano le una di notte. Ma la cosa che non riesco davvero a capire dell’aeroporto di Delhi, ma che ne fa anche la sua forza caratteristica, è la moquette. Lungo tutto l’aeroporto si staglia il mare di moquette che emana calore. Dopo una giornata al sole indiano, in un intorno di piste aeroportuali che aumentano la gradazione la moquette è l’elemento del quale l’aeroporto Indira Gandhi non può davvero fare a meno. Io cerco di stare coperto e quando faccio nuovamente il security check, oltre allo spiacevole inconveniente del computer che cade per terra (sia benedetto l’inventore delle SSD che ho fatto appena mettere – sarà che devo trovare una giustificazione ai 250 euro spesi prima di partire dei quali non sentivo, fino ad allora, i benefici), ognuno mi chiede: dove vai?
Jodhpur.
Ah, proprio bella. La città più calda dell’india.

Grazie. E proseguo. Cercando di non sudare con cappotto e maglia addosso. Intrepido cercherò di non togliermeli. Suderò, ma devo ambientarmi.
Nella fatica del sottopalla gocciolante, mi ambienterò.

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