martedì 30 ottobre 2012

Mostra INSIDE MOEBIUS a Poggibonsi

Fantastico entrare in un mondo fatto dei più grandi interrogativi che ci si può porre sulla rappresentazione di personaggi finti, ma forse perchè rappresentati in un istantanea, più concreti di noi.

Ci siamo persi nella bellezza di un Moebius a Poggibonsi che regala momenti di riflessione su se stesso, quindi sull'uomo, quindi su tutti noi.


 
 
 
 
 
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martedì 2 ottobre 2012

sabato 29 settembre 2012

IGE India Giorno 52 FINE con SCOOP!

IGE India Giorno 52 Il cerchio si chiude con i Noodles

IGE India Giorno 52 Ultimo volo

IGE India Giorno 52 Volo di ritorno Francoforte

IGE India Giorno 52 Volo di ritorno UBRIACO

IGE India Giorno 52 Volo di ritorno LOADING

IGE India Giorno 52 Considerazioni Finali, che tristezza

IGE India Giorno 52 CORSA to Delhi airport

IGE India Giorno 51 Vivi post pioggia

IGE India Giorno 51 PIOVE come iddio la manda

IGE India Giorno 51 Agra Forte Rosso

IGE India Giorno 50 Cena da paura

giovedì 20 settembre 2012

IGE India Giorno 50 Ciao Baba Haveli

IGE India Giorno 49 Ritorno Impressioni su Nagaur

IGE India Giorno 49 Preghiera della sera

IGE India Giorno 49 Magia al Forte

IGE India Giorno 49 GuardiaGuida

IGE India Giorno 49 Commozione al Forte di Nagaur

IGE India Giorno 49 Cielo a Nagaur

IGE India Giorno 49 Arrivo a Nagaur

IGE India Giorno 49 Ancora Partenza per NAGAUR

mercoledì 19 settembre 2012

martedì 18 settembre 2012

IGE India Giorno 48 Tappeti

IGE India Giorno 48 Tappeti e ospitalità

IGE India Giorno 48 SCIAMANO

IGE India Giorno 48 Nozioni di Tessuto

IGE India Giorno 48 Nozioni di Tessuto 2

IGE India Giorno 48 Modellando un vaso

IGE India Giorno 48 Mandria di cammelli

IGE India Giorno 48 L'albero vale più dell'uomo

IGE India Giorno 48 comincia il SAFARI

IGE India Giorno 48 Cucinare il POHA

IGE India Giorno 47 TUTTO PROPORZIONATO

IGE India Giorno 47 Matrimonio indiano

IGE India Giorno 47 Nene Govind e AKU

IGE India Giorno 47 Musica!

venerdì 14 settembre 2012

IGE India Giorno 47 MERANGHAR

IGE India Giorno 47 RAAS e 30 euri di colazione

IGE India Giorno 45 arrivo a Jodhpur

IGE India Giorno 45 Hostel a Mount Abu

IGE India Giorno 44 Quando la sete chiama

IGE India Giorno 44 Monte Abu

IGE India Giorno 44 Cuccette

Meranghar Colors 2

 
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Meranghar Colors

 
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IGE India Giorno 44 ARRIVEDERCI AHMEDABAD

IGE India Giorno 43 Valigie

IGE India GIorno 43 Vishalla e la caccona in arrivo

IGE - India - Giorno 43 - RePrimeImpressionRisciò

domenica 9 settembre 2012

IGE India Giorno 42 Mr Guerrini Arrived!

IGE India Giorno 42 Mr Guerrini

IGE India Giorno 42 Belle e i SAMSUNG

IGE India Giorno 41 MGNAGGHI 3

IGE India Giorno 41 MGNAGGHI 2

IGE India Giorno 41 MGNAGGHI 1

IGE India Giorno 40 Gli amanti di porcellana

IGE India Giorno 39 ATM Ghiottone

IGE India Giorno 39 Tornati a casa tipo

IGE India Giorno 39 Partenza dal NID

IGE India Giorno 38 Don't cry

IGE India Giorno 38 Happy Happy

IGE India Giorno 38 Ultima partenza

IGE India Giorno 38 Belle e un'altra vita

IGE India Giorno 38 Funicolare indiana in discesa

IGE India Giorno 38 Divinità assurde

IGE India Giorno 38 Perchè KALI

IGE India Giorno 38 CORI PER KALI

IGE India Giorno 38 Quasi da KALI

IGE India Giorno 38 Camminata per il Tempio di Kali

IGE India Giorno 38 COCCHI

IGE India Giorno 38 Sopra le nuvole

IGE - India - Giorno 38 - Champaner 1

IGE - India - Giorno 37 - IL FAVORE

IGE - India - Giorno 37 - Odio profondo 2 partenza

Bellentani.... che hai fatto parte dei Via Verdi....

 
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Alle porte di un altro mondo

 
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IGE India Giorno 38 Divinità assurde

IGE India Giorno 38 Perchè KALI

IGE India Giorno 38 CORI PER KALI

IGE India Giorno 38 Quasi da KALI

IGE India Giorno 38 COCCHI

IGE India Giorno 38 Sopra le nuvole

martedì 28 agosto 2012

IGE India Giorno 28 Traghetto

IGE India Giorno 28 Traghetto #2

IGE India Giorno 28 Chakra

IGE India Giorno 27 Jaipur#3

IGE India Giorno 27 Jaipur#2

IGE India Giorno 27 Hostel2

Two boys Two destiny... at NID


me and Caesar at NID

IGE India Giorno 27 Caesar and 365 wifes

IGE India Giorno 25 TajMahal

IGE India Giorno 25 INDIpendence Day

lunedì 6 agosto 2012

IGE India Giorno 15 Risciò Folle!

IGE India Giorno 15 Green House Fashion

IGE India Giorno 14 Arrivati Giulia e Luca

IGE India Giorno 13 Rakshabandan

IGE India Giorno 11 CEPT #3

IGE India Giorno 11 CEPT #2

IGE India Giorno 11 CEPT #1

IGE India Giorno 10 Studio Fotografico

IGE India Giorno 10 Green House da solo

IGE India Giorno 10 Chitch

mercoledì 1 agosto 2012

Quando piove in Italia e in India


Quando piove in Italia è sempre un casino. Le strade collassano sotto gli ingorghi. I clacson urlano all'unisono nell'aree e nessun pedone rischia il vestito per strada.
Quando piove in India sembra che lacrime di felicità di un dio contento siano donate alla terra e le persone alzano le braccia al cielo per accoglierle.

Quando piove in Italia ed entri in un bar la gente ti guarda male perchè stai sporcando il pavimento in cotto con le tue scarpe infangate e ti senti in colpa ad avvicinarti al bancone.
Quando piove in India non entri nei bar, perchè il caffè (quando lo trovi) lo prendi fuori, sotto la pioggia che rinfresca e resti a godere, pensando che se vai al bancone per pagare va bene, basta che le scarpe le lasci fuori.

Quando piove in Italia i metereopatici piangono.
Quando piove in India tutti ridono.

Quando piove in Italia i ricchi ti guardano male se non ti ripari.
Quando piove in India fanno lo stesso.

Schiavi di un benessere dipinto che non ha senso, ti scrutano dall'alto in basso e, se non è quello il tuo posto, ti buttano fuori anche con il diluvio. Cosa fa nascere ovunque il disprezzo se non la necessità di sentirsi importanti?

Quando invece rimetti a posto le tue cose e, con gli altri reietti, sorridendo, esci dalla stanza mentre dici "si faccia inculare", loro restano a bocca aperta.

In Italia per quella spontaneità che non è sfacciataggine, loro capiscono che hanno sbagliato.
In India perchè non capiscono proprio. Ma capiscono di aver sbagliato.

giovedì 26 luglio 2012

Namastè


Namastè. Non è solo una parola. E' una benedizione, un saluto formale, un augurio, qui in India. Racchiude una infinità di significati. Poche parole nella nostra lingua, piena di complicazioni formali (anche giuste) e doppi sensi, hanno un condensato così grande di senso al loro interno. Una delle poche parole che realmente ha la capacità di buttarci in crisi è quella che stentiamo a capire anche nei momenti in cui è più chiara al mostro animo: amore. Se soltanto una parola a noi distrugge le certezze e intriga il cuore, basti pensare che tutto qua ha almeno due significati. Spesso uno legato al mondo terreno e uno al mondo ideale. Un po' come nel mondo dell'agricoltura ogni azione corrisponde ad una reazione nel tempo, così una parola ne sottintende tante altre, che arrivano al cuore soltanto dopo una lenta maturazione.

La città è bellissima, ma se non viene vissuta non viene capita. Ancora non la capisco infatti, ma perlomeno adesso ne ho la coscienza.

Prima di partire pensavo che la cosa più eccitante e stravagante fosse l'estremo disordine per strada, con risciò che saettano verso mete sconosciute, centinaia di motorini che svicolano tra macchine e pedoni, che non temono di essere investiti, tanto è fluido lo svolgersi del tutto. Quando sono arrivato in macchina alla Guest House, pensavo di restar secco ad ogni incrocio. Segnalano la posizione col clacson e quando non c'è nessuno a cui segnalare la posizione, suonano comunque un motivetto col clacson, quasi come facesse loro compagnia. Mi era stato detto che, se si deve girare in macchina non è pensabile di noleggiarne una senza autista. Ora capisco perchè. Sembra quasi che i napoletani abbiano imparato dagli indiani a guidare, e non devono essere stati neanche troppo presenti a lezione. Sono dei maestri della schivata.

Adesso però capisco che la cosa più impressionante sono le persone. Le persone che salutano, anche se non ti conoscono. Le persone che ringraziano se fai loro una fotografia. Le persone che ti invitano a casa loro a mangiare. Le persone ricche, perchè non ti privano di nulla. Le persone povere, perchè quando regali loro un pezzo di pane sono veramente contente, ti ringraziano per giorni. Le persone belle, perchè non se la tirano. Le persone brutte, perchè non si nascondono. Quelle sane, perchè non fanno differenze. Quelle malate, perchè non si vergognano.
Un unico grande corpo che si muove.


lunedì 23 luglio 2012

Giorno 0


Dopo aver viaggiato con l'aereo per tanti anni, comunque posso dire che ci sono ancora due momenti del decollo che non riescono a lasciarmi indifferente.

Il primo, quasi subito dopo la partenza. Quell'istante in cui no si è troppo lontani da non riuscire a distinguere le persone per strada, ne troppo vicini da capire cosa stanno facendo. Li vedi là, che si muovono, gli uni gli altri senza alcuna differenza sulla strada, in mezzo ad un campo, in un parcheggio. L'enorme modellino, in questo caso di Firenze, si perde sotto ai miei piedi, prima toccando apparentemente tutti i punti dell'orizzonte davanti a me (quell'orizzonte permesso dall'oblò, sempre, perennemente, posizionato sull'ala), poi rimpicciolendosi. Mentre mi perdo nella ricerca di particolari, la mia città diventa ridicolmente piccola, in quell'ora in cui il sole riduce l'ombra a una linea a 45 gradi, trasformando la prospettiva in una assonometria senza profondità. Ma tutta questa apparente fredda rappresentazione in un attimo mi rapisce il cuore, quando appare il mio Duomo, la mia stazione, i miei quartieri, la mia strada di casa. E, per un momento, nella confusione cromatica dei tetti tutti apparentemente uguali nel rossore generale, saluto casa mia. La mia famiglia, la mia ragazza che è là, vicina, a studiare. Capisco in un attimo che il mio cuore, o almeno una grande fetta di esso, resterà lì con loro.

Il secondo stimolo, il secondo impulso che mi è donato dal varcare questa soglia gravitazionale è racchiuso in un solo, rapidissimo istante, nel quale ci si rende realmente conto del decollo. Non è, come si potrebbe supporre, il momento dello stacco definitivo dell'ultima ruota del carrello dalla pista di cemento. E' una sensazione che prende alla testa, non più al cuore, quando varchi la soglia tra terra e cielo. Come se avvenisse un vero e proprio "passaggio di consegna". Come se due regni, che non si espandono verso l'orizzonte, bensì trasversalmente ad esso, si stessero perennemente combattendo le nuvole di giorno e le stelle la notte, con la luna ed il sole che si danno il cambio, nell'arbitrio dell'eterna sfida. Nell'istante di interregno ogni corpo viene invaso da una luce sovrannaturale, che solo a coloro che ripongono attenzione è dato di vedere. Verde blu e viola per un solo istante dominano l'orizzonte limpido e, diretti dal sole, accompagnano in un coro maestoso colui che decide di migrare da un regno all'altro, attento, restandogli sempre nella mente, tranquillizzandolo, nel cammino sconosciuto dell'altitudine.

Quanto si nota che, oltre al succo di mela, servono anche il vino sull'aereo?

Ed ora qui, Francoforte, a riportare pensieri scritti sul sacchetto per le emergenze rubato all'aereo. Il pensiero non in avanti a ciò che ci sarà domani. Quanto in dietro, a ciò che è rimasto a casa.
Vi penso. Tutti. E vi immagino felicemente, spensieratamente, ognuno nel suo.



giovedì 12 luglio 2012

Fiches, Every teardrop is a Waterfall




Eccola, è ufficialmente arrivata... non pensavo sarebbe arrivata così d'improvviso, senza modo di capire neanche un attimo prima. La tristezza, la voglia di piangere. È bastato un nonnulla. Una telefonata, sentire una persona cara a rendersi conto che l'ultima volta che l'hai vista era la volta in cui l'hai salutata per due mesi. Te ne rendi conto soltanto quando la senti a telefono e capisci che non la rivedrai per tanto tempo. 

Every teardrop is a waterfall dei Coldplay sembrava fosse chiamata alla presenza proprio nel momento in cui ho riattaccato il telefono. Lasciare le persone che sono più vicine non è facile. Chiaramente parti per poi tornare. Ma così lontano, per così tanto tempo non sei mai stato. Che si spezza la voce nel dire "un bacione, tanto ci sentiamo presto".

Poi pensi che è un mondo incredibile: chi se lo sarebbe immaginato l'anno scorso che saresti dovuto partire per due mesi andando in India.

India dove tua mamma sogna da anni di andare e sei arrivato ad immaginartela quasi in modo tangibile, col dispiacere di non poterci portare anche lei, con il timore di portarle a casa una delusione?

India dove chiunque sia stato che tu abbia incontrato ti dice come prima cosa "attento".

India tanto immaginata e mai realmente compresa. 

Forse perché non c'è modo di capirla se non ci vivi. Ho voglia di capirla. Non è che io abbia paura a vivere là: come dice la nonna di Alessandra "se vivono in 1 miliardo penso che non faccia differenza uno in più o uno in meno". Ecco, il pensiero di partire, quello mi terrorizza. È chiaro che comunque anche qui i miei amici, la mia famiglia, sicuramente vivono anche senza di me (probabilmente qualcuno si leva un peso!). Ma in me la paura rimane.
Probabilmente più che paura è angoscia. La paura è istantanea, momentanea, si risolve in un attimo: hai paura di un qualcosa, anche se non sai che cos'è hai paura perché altri ti hanno detto che devi aver paura. Meglio aver paura che essere angosciati. Si è angosciati quando non ci si rende conto neanche se si deve temere qualcosa: è un po' un salto nell'ignoto. Non è paura quella del giocatore d'azzardo. È angoscia perché non conosce il numero in uscita. La paura nella sua mente è limitata, in qualche modo calcolata nel numero delle fiches che egli ha puntato sul rosso, sul nero.

Quella la perdita massima. L'angoscia sta nella vincita, nella speranza della vincita, nell'ossessione della vincita. 
Probabilmente dovrebbe pensare che non ha niente da perdere, ma non è così. O forse sì? Mi posso permettere quello che sto puntando?

Bello spunto di riflessione.

venerdì 6 luglio 2012

Luglio (sugli intellettuali nel caldo)

Fingersi e setirsi in qualche modo (superbo) intellettualoidi nel pesare il linguaggio, ha come fine unico -travisato- di boriarsi. Travisato quando in realtá il fine più probabile è la ex-posizione o la trans-missione (trova la parola come termine medio) di un concetto. La rete del discorso diventa gomitolo informe e la fatica non vale più l'oggetto cogitato. La probabile dis-abitudine (un tempo si sbagliava chiamandola tale, è una continua scoperta) alla lettura porta sempre più alla lettera, dove tanti credono di trovare una giustificazuone alla mancanza di concetto. Lo strumento di una volta diventa, nell'esercizio di stile -quello borioso, s'intende- oggetto di se stesso. La mente non deve mai perdere la luciditá dell'obiettivo e una accurata regolazione dell'obbiettivo (stavolta strumento) analitico dell'oggetto. La parola, l'atto, nella previsione del suo compimento, deve purificarsi da questo appesantimento che, tende infine a svuotarsi di parole/azioni e riempirsi di parlato/gesticolante.  Il più delle volte non si riesce a trovare giustificazione nella perdita -alla fine anche- di se stessi nell'abbandono a questa tentazione. Il continuo pesarsi delle parole -ma ancor più delle azioni- ci slega dal naturale e non diventa che, spesso inutile perchè vana, comparazione del nostro, allo strumento altrui. Si ritrova quindi una palese mancanza di questa imitazione come esercizio pregiato, che diviene illusiva beltà, soltanto per se stessi: lo strumento è naturalmente diverso in base all'utente utilizzante, per forza, intensitá, leggerezza applicati; ed è chiaro che nella naturalezza stessa dell singolo si ritrova l'utilizzo (pratico), di conseguenza la metafisica del fare, che, più oscura, profonda, affascinante, intimamente erotica, si trova più difficile accettare.


sabato 9 giugno 2012

Il teatro oggi, ma perchè?


"Il teatro oggi, ma perchè?
Ma cos'è questo teatro che mi ritrovo a vedere in questi miei tempi contemporanei... Delusione, rabbia inettitudine... questo stimola alla mia mente questo odierno teatro... quasi tutto il teatro odierno... Vecchio? No! Nuovo? No. Nulla, il vuoto... un vuoto nemmeno a rendere, un vuoto che questi signorotti finanziati pretendano sia pagato e nemmeno con un offerta a piacere... l'offerta la stabiliscono loro...
Perchè il teatro oggi? A chi serve... alle consacrazioni... gli attorucoli che debbono confermarsi, quelli che debbono nascere... non sono troppi i fili da governare per questi tiranni che decidono chi sì, chi no... non è più il pubblico a comandare... ma un meter collegato ad alcuni televisori stabiliti... da un altro potere non da meno... la Tv... anche lei è governatrice del teatro oggi... Il 70% del teatro oggi viene scelto per mezzo di lei... lei come scusante...
Sarò romantica, ma il teatro è altro... altro dalla televisione... altro dallo Stato... altro dalla moda... altro dalla cultura... altro dall'arte... Fin quanto resta questo e non altro... beh il teatro non esiste... ci dobbiamo accontentare di spot per attori sempre meno qualificanti... e di spettacoli sempre più da squalificare... "


dal Blog di Dioniso Tespi  _ IL CARRO DI DIONISO (10 Novembre 2009)






giovedì 31 maggio 2012

Voglia di ricominciare o paura?

Serata tranquilla in confronto a quella di ieri.lo Stress è calato e i ragazzi, Come ogni buon mercoledì universitario che si rispetti, sono usciti in piazza, a Ferrara. Ma rimangono tristi le giornate, non senti che parlare di scosse e di cose che non si dovrebbero fare durante un terremoto e anche dopo. E nonostante tutto esci stasera e ibridi ragazzi che si divertono , Ma che hanno nelle loro menti continuamente inconsciamente la paura.
Quando ero a Firenze volevo arrivare qua, a Ferrara, per poter fare la mia parte e aiutare in qualche maniera. Una volta arrivato qua l'unica cosa che ti accorgi che sarebbe utile fare è quella di andare via. Quando puoi ti trovi immerso tra persone che hanno perso gran parte delle cose che avevano ti prende la disperazione più profonda anche te. Quasi per osmosi la trasmettono. Ed ogni discorso confortevole che tu possa voler fare non serve a niente perché non riesci a capire quello che stanno vivendo loro. Molti studenti cercano in questo e il pretesto di rimandare qualche esame che non sono riusciti del tutto studiare. Mentre vedi alla televisione che qualche kilometro più in là, delle famiglie hanno perso tutto. In realtà non sai quello che devi pensare. Non sai come comportarti ti senti inadeguato in ogni istante. Allora alle volte io preferisco restare da solo e girarmi la città, osservando, guardando le persone, cercando di trovare nei loro sguardi una voglia comunque di dimenticare e di andare avanti. È facile trovarla alla sera quando le persone bevono per non pensare a ciò che è successo.
Più difficile, in verità, è trovare la stessa voglia durante le giornate, quando siamo bombardati da informazioni terribili.

mercoledì 30 maggio 2012

Messa in sicurezza. Ferrara. Terremoto. Paura

Continua, davanti alla Facoltà di Architettura di Ferrara e anche in tutta la città, la messa in sicurezza delle coperture. Asportazione di comignoli non sicuri e coppi pericolanti.

Fa effetto passare sotto alla struttura. In questo momento, conoscendo un minimo i rischi, avrei una certa difficoltà ad andare lassù.





venerdì 25 maggio 2012

Falling pieces - mutevolezza della mente umana

È assolutamente straordinaria la mutevolezza della mente umana durante l'arco di tutta una giornata. Stamattina. Una vecchia, mentre prendo caffè fuori da un bar vicino all'ospedale in cui era andato a fare delle analisi, mi viene incontro e quasi mi investe con il treppiede su cui riesce a camminare. Mi guarda. Mi sorride con degli occhi dolci, quasi quelli della vecchia zia che hai in campagna, che vai a trovare ogni tanto e ti riempie da mangiare tutte le volte e non è sazia lei fin quando tu non sei satollo. Questa vecchietta mi dice: scusami, ancora non ho preso la patente per questo coso. Le rispondo scherzando che dovrebbe mettere la P di principiante. Lei con un sorriso mi risponde: sclerosi multipla. Premio per una vita di lavoro.
Così quella vecchietta ha continuato la sua strada. Non faccio che pensare al lei da stamattina. E stasera ho speso sette euro in una birra e uno shottino al pub preferito. E, nell'unico momento di lucidità della giornata, dopo una serata tra amici, dopo un dialogo con una vecchietta che hai incontrato per caso, ti chiedi: ma è proprio giusto il modo in cui viviamo?
Non riesco a darmi pace stasera per questo pensiero. Spesso e volentieri si pensa alle ingiustizie della morte, ma all'ingiustizia della vita chi ci pensa?
Persone che passano stasera, vicino a me. La loro spensieratezza. Probabilmente hanno bevuto più di un bicchiere di vino, e con una chitarra in mano cantano per strada gli stornelli che hanno sentito poco prima.
Alle volte, anche se non trovo le forze, vorrei gridare con tutto me stesso qualche parola rabbiosa. All'ingiustizia, dell'ingiustizia, sull'ingiustizia che prende ognuno di noi e tutti quelli che ci stanno intorno. Come si fa a non accorgersene? Basterebbe non vedere, anzi, basterebbe non guardare. Come, ahimè, la maggior parte dei ragazzi di oggi fa. E se è vero che i ragazzi sono le risorse del futuro, allora il futuro che ci aspetta non è del tutto roseo. Quanto sia importante la consapevolezza sociale, ovvero il conoscere in qualche modo, anche minimamente, coloro che ci stanno intorno, non è cosa da poco.

Quando basta guardare.
Per capire che non siamo soli e che le altre persone hanno bisogno in ogni momento di noi.


martedì 22 maggio 2012

Fear of the dark? O, in verità, paura di niente?

Il gracidare delle rane in una sera che non sembra ancora estate. La solitudine nel parco sulle sponde dell'Arno. Forse la calma si ritrova in questi momenti. Allontanarsi da quelli che sono i rumori delle macchine e di tutto ciò che sentiamo ogni giorno per strada, ormai dove viviamo. Sento un cane abbaiare in lontananza. Sembra Arrabbiato e me lo immagino rabbioso. Mi volto e mi rendo conto che è molto lontano perché io lo riesco a vedere. Lontano dai miei pensieri. Mi abbandona in un istante e non ci ripenserò più. Ma so che lo incontrerò domani in mezzo alla strada. Torno alle rane, le rane e la "strada". Quando si cammina per i boschi nell'unico modo in cui le due cose si possono accoppiare, camminando e faticando, cercando sempre la strada in salita per arrivare in vetta alla montagna poter guardare giù. Abbandonando ogni tipo di immaginazione perché soltanto quel paesaggio va al di là di ogni cosa che si potrebbe mai pensare. Soltanto il verde dei pascoli e le rocce sotto i miei piedi. Adesso il suono di un ruscello. Una volta ogni tanto una passeggiata in montagna ti leva i pensieri più cupi che ritrovi ogni giorno quando cammini per quell'asfalto che non si dovrebbe chiamare strada. Come io oggi mi ero ritrovato, spesso si arriva ad un punto in cui dimentichi di quanto sia bello restare un da soli, riuscire a non pensare a tutto ciò che c'è di faticoso intorno a noi, lasciandosi soltanto abbracciare da un una leggera brezza di vento che accarezza il collo. La frenesia di alcune giornate che passano senza neanche che ci si possa render conto di ogni piccola gioia che la vita acida contrapposta alla gioia di un istante in cui non sei il re del mondo, sei "il mondo".

In un attimo tutti pensieri svaniscono, per la paura dell'estraneo che mi viene incontro, stasera, in questo giardino. Per quale ragione siamo così turbati da colui che non conosciamo? Sono uscito per fare una passeggiata. Per trovare "l'ispirazione". Come faccio quasi tutte le sere.
Il freddo mi ha passato un cubetto di ghiaccio tra le scapole quando una bicicletta si è avvicinata a me, mentre passeggiavo.
La paura dell'estraneo che ci attanaglia sempre, come dice anche Giorgio Gaber. E in fondo voleva soltanto delle indicazioni. Voleva soltanto sapere come uscire dal giardino. Non è una prigione. Ma probabilmente come lui in quel momento ha visto nel giardino una prigione noi tutti non vediamo quelle cose che per noi lo sono realmente. Una Prigione.
Dobbiamo strappare queste sbarre di carta, liberarci la mente dai preconcetti di ogni sorta. Come la paura di un estraneo, una sera, in un giardino. Non ha senso. Si dovrebbe vivere la vita con la stessa libertà in cui si vive quel momento in cima alla montagna. Sentendosi parte di ogni cosa che ci circonda, non avendo paura di essa. In fondo noi siamo come tutti e tutti sono come siamo noi stessi.

Impauriti dal guaire di un cane e piacevolmente liberi nel pensiero, sentendo delle rane gracidare.

gobbo senz'occhi - us and them




eppure io continuo a ripetermi e gli altri continuano a non capire. Cos'è questa paura che ci spinge a cercare una cerchia ristretta di amici e condividere i nostri interessi soltanto con loro? e comunque non siamo veri neanche ai loro occhi. Quanto è vero che è necessario apparire piuttosto che essere? Probabilmente dipende da come sei. Quattro di mattina.

Per la precisione adesso sono nove minuti alle cinque.

Per Ferrara. ne varrà la pena? Speriamo di sì, perché è buio e il mio corpo non è abituato a questo. penso che se un corpo arrivi un giorno ad abituarsi a questi viaggi e alle condizioni in cui ci costringono a farli, probabilmente quel corpo sarebbe deforme. Un gobbo senza occhi, pronto a consegnare il biglietto per l'obliterazione. Senza che ce ne rendiamo conto una gran parte di noi è già così. Il problema è che

-non vogliamo vedere.
-restiamo ingobbiti su quello che vogliono loro.

                     E cosa facciamo noi? Per la paura di pensare appena si avvicina chiunque in uniforme

-consegnamo il biglietto.




lunedì 21 maggio 2012

Paura, i fiori del male #bozza


<<quella maledetta paura.
era iniziato tutto per quella maledetta paura.
ed ora stava finendo.
un tempo nessuno aveva quella paura, nessuno si immaginava neanche di pensarci se non un attimo prima della morte stessa. aveva rubato le speranze che lasciavano vivere le persone. vivere. era una parola troppo vicina a quella "morire" negli ultimi tempi.>>
Luca era seduto nella sua camera. Sul suo letto. Con la sua pistola in mano. Fissava la porta e qualche volta concedeva uno sguardo al cielo lontano oltre il vetro della finestra. Non era stato facile trovare quella pistola. Le stelle rilucevano. Venere in quei giorni era luminosa fino ad un ora tarda in modo straordinario. Come se aspettasse. Aveva comprato la pistola da un ragazzo, un certo Sirio, in un Pub, in centro, la sera prima.
<<il ricordo della fine della vita di suo zio però lo tormentava. era successo più di dieci anni prima. era un ragazzo allora. ma ricorda distintamente le parole di sua zia durante la celebrazione, in quella chiesetta di campagna, nel riminese. Parlava di una vita serena. una morte tranquilla. era arrivata la sua ora e lo sapeva perché diceva ormai da qualche tempo di aver dato tutto alla vita e di aver ricevuto anche di più. era arrivata la sua ora. era tutto cambiato da quando aveva letto quella notizia. un tal professore che aveva scoperto una nuova sostanza. la sostanza non era niente di speciale in se per se. e nessuno ci aveva fatto caso. nessuno aveva dato alcun tipo di considerazione ai vaneggiamenti di quel vecchio professore. diceva che quella "roba" avrebbe cambiato "la vita". impressionante come di solito questa frase possa sembrare incompiuta. ma invece lo era. ed aveva cambiato la sua a tal punto che adesso, a distanza di qualche mese, si ritrovava completamente immerso nella paura da stare seduto sul suo letto, con quella pistola in mano. Nessuno dette credito alle parole del vecchio fino a che questo non tornò qualche anno dopo. Stessa conferenza di superscienziati che, sempre più vecchi e rugosi, affondavano sempre più nelle poltrone le loro ossa consumate. entrò. sguardo beffardo, passo sicuro, fin troppo, sembrava. ma ne aveva tutto il diritto. niente in lui era cambiato. niente. ma come in quegli anni neanche una ruga si era posata sul suo volto, in più di quelle che non ci fossero state prima, nei pochi mesi a seguire molte più crepe si formarono in tutti gli altri. non negli altri scienziati. in tutti. la chiamavano il fiore del male. perché lo allontanava. il principio era opposto a quello delle droghe che aveva conosciuto fino a quando gli spiegarono il funzionamento: il fiore del male non dava una soddisfazione momentanea. non regalava niente. apparentemente. forse per questo in un primo momento venne snobbato lo scienziato. non aveva neanche una prova di quello che stava facendo.>>
sul suo letto di camera Luca sudava. la paura lo stava mangiando da dentro.
ripercorreva a passi rapidi i pensieri che lo avevano portato in quella situazione.
<<aveva provato quella cosa per la prima volta masticando qualche parte del fiore del male. lo aveva portato una sera una sua amica. i primi tempi in cui veniva spacciato. non era una cosa di cui si aveva paura allora. in qualche modo avevano accertato che non aveva alcun effetto negativo sul corpo. ed era certo anche che non c'erano, apparentemente, effetti positivi. ma l'idea prese piede. dentro di lui come dentro tutti. il pensiero di allontanare ogni tipo di malattia. di ritardarla ed arrivare a ripensarci solo come ad un ricordo lontano. qualunque malattia. si sapeva che con quei fiori del male si arrivava a non dover neanche più pensare alle più pericolose malattie. come a quelle più innocue.
non si doveva più pensare alla morte. Ma qualche settimana prima, una sera, capitò che la sua amica non si fece più vedere. Luca la chiamò. Scomparsa. nessuno aveva avuto sue notizie. nessuno sapeva dove fosse. conosceva altre persone a cui fare riferimento per trovare il fiore del male. Chiamò e dopo alcuni tentativi trovò la sua dose settimanale. era incredibile come un pensiero avesse potuto infiltrarsi come un virus nella sua testa e avesse lì installato il dubbio. il dubbio di capire se fosse vero. lo dicevano gli scienziati. loro lo sapevano. era ormai terrorizzato. era alla terza settimana che non riusciva a trovare i fiori del male in nessuna maniera. aveva saputo che molti suoi amici, iniziando con dei furtarelli, erano diventati dei ladri di professione. tutto per comprare il fiore del male. fiore rilucente nella notte della vita che ti porta a sperare che questa non finisca. come una virale idea della possibilità di una vita infinita porta la paura della morte a dei livelli che non ci si sarebbe potuto mai immaginare prima, così nasceva nelle persone anche la paura della vita senza questa speranza. non ne aveva trovata più. non era stata colpa sua. e adesso la cercavano anche da lui. sarebbero arrivati da lì a poco a sfondare la porta? no. sapevano che non la aveva. ma la cercavano. la cercavano tutti. c'era chi viveva per quella. rubare, comprare i fiori del male. per paura di non vivere abbastanza.
ma si era reso conto che non era vita. non era più vita quella di colui che non tenta neanche di goderla solo per allungarla all'infinito senza riempirla.
non si era neanche reso conto che intorno a lui tutto stava degenerando e il fiore del male era diventata una sostanza tra le più illegali. ma perché?
perché allungava la vita.
perché uccideva la vita.
e lasciava tutti in un limbo tra la sofferenza di non vivere e di poter, in qualche modo avere più vita, perché quella che si avrebbe la si sta perdendo in questo momento per guadagnarne altra.
e la paura di star perdendo tutto non avendo più possibilità di avere un fiore del male lo stava uccidendo. non era più sopportabile il pensiero di non poter più allungare una vita che si era convinto essere troppo corta. prima le persone nascevano, vivevano e morivano. adesso si viveva finché si aveva la possibilità di trovare dei fiori del male. e lui non era più riuscito a trovarne.
fu colpa di quella maledetta paura.>>


domenica 13 maggio 2012

Le parole. Words.

Eccoci qui. Come ogni sera ci si ritrova a fare i conti con i propri pensieri. E una volta tanto con la propria voce. Quale infinita limitazione di fantasia ci hanno dato le immagini che ci vengono trasmesse ogni giorno e in molti momenti della giornata per di più dalla televisione. Ma non siamo soltanto polvere e ombra? Sicuramente l'ombra non è data dalle immagini che abbiamo visto durante la nostra vita, ma da quelle che riusciamo a trasmettere ai nostri cari. Il dono della parola, il dono di poter trasmettere una sensazione alle altre persone. Questo non è dato tanti di noi. Anche perché molti pensano a cavolate a cose che non hanno un senso reale, Molto spesso neanche per coloro che si trovano a pronunciarle. Eppure dovremo fare i conti tutti i giorni con le parole che pronuncia amo, tutti giorni dovremmo renderci conto che sono sassi che sono pietre che poniamo in una strada che quella della nostra vita. Soprattutto quando queste parole rimangono scritte da qualche parte. Che sia nei cuori delle persone, o su un blog Letto di sfuggita una sera, non ha importanza. Le parole rimangono mattoni che costruiscono case o palazzi immensi. Quelli che dovremmo riuscire a far crescere dentro e fuori di noi in ogni istante. Non ce ne accorgiamo molto spesso perché abbiamo la possibilità di trasmettere anche troppo ciò che diciamo. Come io stasera pronuncio parole a un telefonino e queste entrano a far parte della vita di qualcuno. Neanche io lo faccio, ma ci sarebbe sempre da chiedersi se queste sono le parole giuste. Se è esattamente ciò che abbiamo bisogno, e gli altri hanno bisogno, di sentir dire.

sabato 12 maggio 2012

Twitter?


La rapidità di informazione è spesso accompagnata dalla facilità nel dimenticare le informazioni acquisite.L’aspetto didascalico si sta annullando nei nostri giornali, figuriamoci nei tg e sul web, dove la velocità ha la meglio sul concetto. Non credo che la vita sarebbe più facile se SAPESSIMO tutto, ma lo sarebbe se CAPISSIMO le poche cose che sappiamo. Come si ha il distacco della scuola dagli studenti, che non capiscono il perchè di quelle informazioni, e si annoiano sui banchi, così dai mass media rapidi veniamo sommersi di news dell’ultimo secondo, senza che ci venga spiegato nel profondo cosa vuol dire e cosa comporta un determinato fatto. Conoscere ogni notizia non vale più se non c’è qualcuno che, in modo manifestamente parziale o imparziale, spieghi a noi, bambini a scuola di taluni argomenti, il significato di ciò.Ed è forse proprio questo il problema: non si ha più nessuno che ci spieghi e in qualche modo quindi ci porti ad (in)formarci su ciò che accade.E, soprattutto i più giovani, con noi, ci addormentiamo, annoiati da una lezione che non ci interessa.Pietro Massai

venerdì 4 maggio 2012

is it real?

Una realtà di stenti e di intenti, 


...a cui basta essere tradita da uno...


...per essere vana per tutti.