martedì 22 maggio 2012

Fear of the dark? O, in verità, paura di niente?

Il gracidare delle rane in una sera che non sembra ancora estate. La solitudine nel parco sulle sponde dell'Arno. Forse la calma si ritrova in questi momenti. Allontanarsi da quelli che sono i rumori delle macchine e di tutto ciò che sentiamo ogni giorno per strada, ormai dove viviamo. Sento un cane abbaiare in lontananza. Sembra Arrabbiato e me lo immagino rabbioso. Mi volto e mi rendo conto che è molto lontano perché io lo riesco a vedere. Lontano dai miei pensieri. Mi abbandona in un istante e non ci ripenserò più. Ma so che lo incontrerò domani in mezzo alla strada. Torno alle rane, le rane e la "strada". Quando si cammina per i boschi nell'unico modo in cui le due cose si possono accoppiare, camminando e faticando, cercando sempre la strada in salita per arrivare in vetta alla montagna poter guardare giù. Abbandonando ogni tipo di immaginazione perché soltanto quel paesaggio va al di là di ogni cosa che si potrebbe mai pensare. Soltanto il verde dei pascoli e le rocce sotto i miei piedi. Adesso il suono di un ruscello. Una volta ogni tanto una passeggiata in montagna ti leva i pensieri più cupi che ritrovi ogni giorno quando cammini per quell'asfalto che non si dovrebbe chiamare strada. Come io oggi mi ero ritrovato, spesso si arriva ad un punto in cui dimentichi di quanto sia bello restare un da soli, riuscire a non pensare a tutto ciò che c'è di faticoso intorno a noi, lasciandosi soltanto abbracciare da un una leggera brezza di vento che accarezza il collo. La frenesia di alcune giornate che passano senza neanche che ci si possa render conto di ogni piccola gioia che la vita acida contrapposta alla gioia di un istante in cui non sei il re del mondo, sei "il mondo".

In un attimo tutti pensieri svaniscono, per la paura dell'estraneo che mi viene incontro, stasera, in questo giardino. Per quale ragione siamo così turbati da colui che non conosciamo? Sono uscito per fare una passeggiata. Per trovare "l'ispirazione". Come faccio quasi tutte le sere.
Il freddo mi ha passato un cubetto di ghiaccio tra le scapole quando una bicicletta si è avvicinata a me, mentre passeggiavo.
La paura dell'estraneo che ci attanaglia sempre, come dice anche Giorgio Gaber. E in fondo voleva soltanto delle indicazioni. Voleva soltanto sapere come uscire dal giardino. Non è una prigione. Ma probabilmente come lui in quel momento ha visto nel giardino una prigione noi tutti non vediamo quelle cose che per noi lo sono realmente. Una Prigione.
Dobbiamo strappare queste sbarre di carta, liberarci la mente dai preconcetti di ogni sorta. Come la paura di un estraneo, una sera, in un giardino. Non ha senso. Si dovrebbe vivere la vita con la stessa libertà in cui si vive quel momento in cima alla montagna. Sentendosi parte di ogni cosa che ci circonda, non avendo paura di essa. In fondo noi siamo come tutti e tutti sono come siamo noi stessi.

Impauriti dal guaire di un cane e piacevolmente liberi nel pensiero, sentendo delle rane gracidare.

Nessun commento:

Posta un commento