giovedì 12 luglio 2012

Fiches, Every teardrop is a Waterfall




Eccola, è ufficialmente arrivata... non pensavo sarebbe arrivata così d'improvviso, senza modo di capire neanche un attimo prima. La tristezza, la voglia di piangere. È bastato un nonnulla. Una telefonata, sentire una persona cara a rendersi conto che l'ultima volta che l'hai vista era la volta in cui l'hai salutata per due mesi. Te ne rendi conto soltanto quando la senti a telefono e capisci che non la rivedrai per tanto tempo. 

Every teardrop is a waterfall dei Coldplay sembrava fosse chiamata alla presenza proprio nel momento in cui ho riattaccato il telefono. Lasciare le persone che sono più vicine non è facile. Chiaramente parti per poi tornare. Ma così lontano, per così tanto tempo non sei mai stato. Che si spezza la voce nel dire "un bacione, tanto ci sentiamo presto".

Poi pensi che è un mondo incredibile: chi se lo sarebbe immaginato l'anno scorso che saresti dovuto partire per due mesi andando in India.

India dove tua mamma sogna da anni di andare e sei arrivato ad immaginartela quasi in modo tangibile, col dispiacere di non poterci portare anche lei, con il timore di portarle a casa una delusione?

India dove chiunque sia stato che tu abbia incontrato ti dice come prima cosa "attento".

India tanto immaginata e mai realmente compresa. 

Forse perché non c'è modo di capirla se non ci vivi. Ho voglia di capirla. Non è che io abbia paura a vivere là: come dice la nonna di Alessandra "se vivono in 1 miliardo penso che non faccia differenza uno in più o uno in meno". Ecco, il pensiero di partire, quello mi terrorizza. È chiaro che comunque anche qui i miei amici, la mia famiglia, sicuramente vivono anche senza di me (probabilmente qualcuno si leva un peso!). Ma in me la paura rimane.
Probabilmente più che paura è angoscia. La paura è istantanea, momentanea, si risolve in un attimo: hai paura di un qualcosa, anche se non sai che cos'è hai paura perché altri ti hanno detto che devi aver paura. Meglio aver paura che essere angosciati. Si è angosciati quando non ci si rende conto neanche se si deve temere qualcosa: è un po' un salto nell'ignoto. Non è paura quella del giocatore d'azzardo. È angoscia perché non conosce il numero in uscita. La paura nella sua mente è limitata, in qualche modo calcolata nel numero delle fiches che egli ha puntato sul rosso, sul nero.

Quella la perdita massima. L'angoscia sta nella vincita, nella speranza della vincita, nell'ossessione della vincita. 
Probabilmente dovrebbe pensare che non ha niente da perdere, ma non è così. O forse sì? Mi posso permettere quello che sto puntando?

Bello spunto di riflessione.

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