venerdì 6 marzo 2015

Time...



Parlare del tempo. Quel tempo così variabile.
Quel tempo che non ti passa mai. E quel tempo che invece, così dolce, non hai neanche sentito passare. L’adesso, in questo preciso momento, seduto su questa sedia, quanto tempo ci passo? Non me ne rendo neanche conto. E il tempo passato, che ritrovi in vecchie fotografie, per caso ripescate nei cassetti di quel mobile, vecchio, che riapri per caso, una vota ogni tanto. Il tempo passato degli affetti che hai perso. Di quei momenti su quella spiaggia che non esiste più, che forse non è mai esistita, se non nella tua memoria. Su un pianeta che forse non esisterà mai più. Quegli sguardi leggeri, del tuo amico, che suona la chitarra, ricordi che gli insegnasti te le prime note, soltanto tre note.
E vorresti riuscire, con questo passato, a dare uno sguardo certo al futuro. Ma sai che sono colpi allo stomaco quelli del futuro. Un’incertezza che rende tutti timorosi. Imperscrutabile ed incerto non si riesce a capire mai dove orientare il proprio pensiero, quando si guarda al futuro. Sarà come spero? Il futuro è come quello stile di musica che non riesci ad ascoltare. Non perché non ti piaccia, ma perché non capisci come ascoltarlo. Come faccio ad interpretarlo? Ti chiedi. E dopo un’istante lo capisci... per un istante. Tornando subito ad essere l’imperscrutabile. Futuro.

Non sai dove andrà e ti rendi conto, in realtà, che non sai dove sia anche adesso.

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