martedì 5 marzo 2013

Ma la risposta dove è? il piano? non c'è sul sito della regione...


Scaletti, "la Regione riconosce
il valore del Teatro dell'Antella"

L'assessore alla cultura risponde alla polemica lanciata sulla stampa dal regista Riccardo Massai. I mancati finanziamenti sono legati "a nuove modalità di distribuzione"

Scaletti, "la Regione riconosce il valore del Teatro dell'Antella"
"La Regione Toscana riconosce il valore dell' offerta culturale del Teatro dell' Antella e la professionalità del suo direttore, Riccardo Massai. Per questo, nel corso degli anni, abbiamo sostenuto finanziariamente diversi interventi e, insieme agli enti locali, aiutato lo sviluppo e la valorizzazione del teatro". Risponde così l'assessore regionale alla cultura Cristina Scaletti alla polemica lanciata su alcune testate da Massai nei confronti delle scelte di finanziamento assunte nell'ambito dalla Regione.

L'APPELLO DI RICCARDO MASSAI

Come si spiega in una nota, a giudizio dell' assessore Scaletti, Massai, con la sua compagnia Archetipo, svolge anche attività di produzione di spettacoli, che però, come si ricava dall' insieme delle attività, non è quella prevalente. "Nel 2012 - ripercorre Scaletti - il Teatro dell' Antella ha ricevuto finanziamenti regionali secondo le regole del vecchio piano della cultura. Dal 2013 è entrato in vigore un nuovo piano, e con esso nuove modalità e linee per accedere ai finanziamenti regionali. Il bando per la produzione, cui Massai ha presentato domanda, ha tra i criteri principali la 'quantita della produzione, avendo l' obiettivo di favorire la crescita di soggetti dediti alla produzione e alla diffusione degli spettacoli prodotti, attività che purtroppo non è l' elemento distintivo nè prioritario dell' attività del Teatro dell' Antella". Sarà il prossimo bando sulle residenze, che verrà pubblicato tra poco, a rappresentare lo strumento più vicino alle caratteristiche del teatro diretto da Massai, in quanto finanzia progetti artistici più complessi e non ha tra i suoi principali criteri di valutazione la quantità delle produzioni e la loro diffusione, pur riconoscendoli come finanziabili in un contesto più ampio. 

"Sono pertanto convinta - conclude l' assessore Scaletti - che Riccardo Massai, anche per la professionalità dimostrata nel saper fare del Teatro dell'Antella un punto di riferimento del sistema regionale dello spettacolo dal vivo, possa superare la sua delusione ed operare le scelte giuste per il teatro e la sua compagnia, utilizzando al meglio le possibilità che il nuovo piano regionale della cultura gli offre". 

domenica 3 marzo 2013

Cultura all'Antella


Teatro Antella, zero soldi dalla Regione 
"Così non è possibile andare avanti"

Lo sfogo di Riccardo Massai, regista e direttore artistico dello spazio. Dove hanno recitato Lo Cascio, Rezza, Placido. E dove ora si cancellano gli spettacoli, come "La bella e la bestia" con Silvia Guidi e Carlo Monni. "Eppure, bastavano 20 mila euro"

di ROBERTO INCERTI
Qualità addio. Il Teatro Comunale dell'Antella diretto dal bravo regista Riccardo Massai - collaboratore di Luca Ronconi - è uno dei teatri periferici più creativi della regione: spettacoli di grande interesse, artisti di valore, una piccola sala sempre piena, l'attenzione dei media, una compagnia - Archetipo - capace di interpretare spettacoli che, grazie alla regia di Massai stesso, si sono sempre imposti per profondità e originalità di lettura. La Regione Toscana però non la pensa così, tanto che ha azzerato i finanziamenti, a favore di altre realtà. Questo ha portato ad annullare l'attesissima produzione "La bella e la bestia" che doveva andare in scena dal 7 al 17 marzo col popolarissimo attore Carlo Monni e la dea del teatro off Silvia Guidi, regia dello stesso Massai. Di fronte a questo assurdo, chiediamo spiegazione al regista: "Le ragioni dello scarso punteggio ottenuto per raggiungere il finanzaimento regionale sono state, cito testualmente: "una poco coerente attenzione e interesse della critica di settore e dei media. E poche coerenze nei contenuti e nelle caretteristiche del progetto produttivo e nell'organizzazione".

E' vero però che la stampa ha seguito con interesse e paginate il lavoro di Riccardo Massai, per esempio molto di più di altre realtà che hanno invece ottenuto finanziamenti maggiori. 
"Ci è stato rimproverato di non avere recensioni. Ma del resto, al di là di grandi eventi nessuno recensisce più".

Ma i giornalisti di settore sono mai venuti a vedere i vostri spettacoli? 
"Certamente che sono venuti e ci hanno anche molto apprezzato. Sul nostro lavoro nel corsi del tempo sono uscite intere paginate fatte da firma autorevoli".

Qual è il suo stato d'animo? 
"Sono profondamente demotivato. Il mio mestiere è creare spettacoli e mi vergogno per questo non riconoscimento, perché vuol dire che forse non ho fatto un buon lavoro. Eppure, oltre alle nostre produzioni, noi siamo riusciti a portare all'Antella grandi nomi come Lo Cascio, Paiato, Cristicchi, Rezza, Scabia, Giovanni Crippa, Carla Fracci, Scimone e Sframeli, Ceronetti, Placido, Piera degli Esposti".

In parole povere, quanto sarebbe bastato come finanziamento regionale per fare "La bella e la bestia". 
"Bastava mantenere il finanziamento dello scorso anno di circa 20.000 euro".

(02 marzo 2013)


venerdì 1 marzo 2013

Il tempo che non riusciamo a darci

E stasera non è neanche andata in onda la puntata del garage ermetico. Ci sarebbero troppe cose da fare ma il tempo per farle scarseggia ogni momento di più. Il cervello ti si spenge e proprio quando la voglia si accende. Ma siamo umani e non è umano spesso quello che ci chiedono di fare. La dannazione più grande però è quando quello che ci chiedono di fare ci piace anche. In quel momento si desidera nient'altro che il giorno abbia 48 ore. Almeno la voglia e l'intenzione cioè il cervello si incontrano per il doppio del tempo in una sola giornata.
Ed è proprio nei momenti in cui il cervello non riesce a reagire che le situazioni intorno si complicano che richiederebbero un'ulteriore attenzione che non riusciamo a dare. Troppe cose che non abbiamo il tempo di fare. E che in verità tu sai necessiterebbero del tempo che richiedono.

domenica 17 febbraio 2013

BASTA PERBENISMI



In ricordo di dom Helder Câmara
Il “Patto delle catacombe” per una Chiesa serva e povera


Il 16 novembre del 1965, pochi giorni prima della chiusura del Vaticano II, una quarantina di padri conciliari hanno celebrato una Eucaristia nelle catacombe di Domitilla, a Roma, chiedendo fedeltà allo Spirito di Gesù. Dopo questa celebrazione, hanno firmato il “Patto delle Catacombe”.
Il documento è una sfida ai “fratelli nell’Episcopato” a portare avanti una “vita di povertà”, una Chiesa “serva e povera”, come aveva suggerito il papa Giovanni XXIII.
I firmatari – fra di essi, molti brasiliani e latinoamericani, poiché molti più tardi aderirono al patto – si impegnavano a vivere in povertà, a rinunciare a tutti i simboli o ai privilegi del potere e a mettere i poveri al centro del loro ministero pastorale. Il testo ha avuto una forte influenza sulla Teologia della Liberazione, che sarebbe sorta negli anni seguenti.
Uno dei firmatari e propositori del Patto fu dom Helder Câmara, il cui centenario della nascita è stato celebrato il 7 febbraio. Ecco il testo:

  Noi, vescovi riuniti nel Concilio Vaticano II, illuminati sulle mancanze della nostra vita di povertà secondo il Vangelo; sollecitati vicendevolmente ad una iniziativa nella quale ognuno di noi vorrebbe evitare la singolarità e la presunzione; in unione con tutti i nostri Fratelli nell’Episcopato, contando soprattutto sulla grazia e la forza di Nostro Signore Gesù Cristo, sulla preghiera dei fedeli e dei sacerdoti della nostre rispettive diocesi; ponendoci col pensiero e la preghiera davanti alla Trinità, alla Chiesa di Cristo e davanti ai sacerdoti e ai fedeli della nostre diocesi; nell’umiltà e nella coscienza della nostra debolezza, ma anche con tutta la determinazione e tutta la forza di cui Dio vuole farci grazia, ci impegniamo a quanto segue:

  1. Cercheremo di vivere come vive ordinariamente la nostra popolazione per quanto riguarda l’abitazione, l’alimentazione, i mezzi di locomozione e tutto il resto che da qui discende. Cfr. Mt 5,3; 6,33s; 8,20.

  2. Rinunciamo per sempre all’apparenza e alla realtà della ricchezza, specialmente negli abiti (stoffe ricche, colori sgargianti), nelle insegne di materia preziosa (questi segni devono essere effettivamente evangelici). Cf. Mc 6,9; Mt 10,9s; At 3,6. Né oro né argento. Non possederemo a nostro nome beni immobili, né mobili, né conto in banca, ecc.; e, se fosse necessario averne il possesso, metteremo tutto a nome della diocesi o di opere sociali o caritative. Cf. Mt 6,19-21; Lc 12,33s.

  3. Tutte le volte che sarà possibile, affideremo la gestione finanziaria e materiale nella nostra diocesi ad una commissione di laici competenti e consapevoli del loro ruolo apostolico, al fine di essere, noi, meno amministratori e più pastori e apostoli. Cf. Mt 10,8; At. 6,1-7.

  4. Rifiutiamo di essere chiamati, oralmente o per scritto, con nomi e titoli che significano grandezza e potere (Eminenza, Eccellenza, Monsignore…). Preferiamo essere chiamati con il nome evangelico di Padre. Cf. Mt 20,25-28; 23,6-11; Jo 13,12-15.

  5. Nel nostro comportamento, nelle nostre relazioni sociali, eviteremo quello che può sembrare un conferimento di privilegi, priorità, o anche di una qualsiasi preferenza, ai ricchi e ai potenti (es. banchetti offerti o accettati, nei servizi religiosi). Cf. Lc 13,12-14; 1Cor 9,14-19.

  6. Eviteremo ugualmente di incentivare o adulare la vanità di chicchessia, con l’occhio a ricompense o a sollecitare doni o per qualsiasi altra ragione. Inviteremo i nostri fedeli a considerare i loro doni come una partecipazione normale al culto, all’apostolato e all’azione sociale. Cf. Mt 6,2-4; Lc 15,9-13; 2Cor 12,4.

  7. Daremo tutto quanto è necessario del nostro tempo, riflessione, cuore, mezzi, ecc., al servizio apostolico e pastorale delle persone e dei gruppi laboriosi ed economicamente deboli e poco sviluppati, senza che questo pregiudichi le altre persone e gruppi della diocesi. Sosterremo i laici, i religiosi, i diaconi o i sacerdoti che il Signore chiama ad evangelizzare i poveri e gli operai condividendo la vita operaia e il lavoro. Cf. Lc 4,18s; Mc 6,4; Mt 11,4s; At 18,3s; 20,33-35; 1Cor 4,12 e 9,1-27.

  8. Consci delle esigenze della giustizia e della carità, e delle loro mutue relazioni, cercheremo di trasformare le opere di “beneficenza” in opere sociali fondate sulla carità e sulla giustizia, che tengano conto di tutti e di tutte le esigenze, come un umile servizio agli organismi pubblici competenti. Cf. Mt 25,31-46; Lc 13,12-14 e 33s.

  9. Opereremo in modo che i responsabili del nostro governo e dei nostri servizi pubblici decidano e attuino leggi, strutture e istituzioni sociali necessarie alla giustizia, all’uguaglianza e allo sviluppo armonico e totale dell’uomo tutto in tutti gli uomini, e, da qui, all’avvento di un altro ordine sociale, nuovo, degno dei figli dell’uomo e dei figli di Dio. Cf. At. 2,44s; 4,32-35; 5,4; 2Cor 8 e 9 interi; 1Tim 5, 16.

  10. Poiché la collegialità dei vescovi trova la sua più evangelica realizzazione nel farsi carico comune delle moltitudini umane in stato di miseria fisica, culturale e morale – due terzi dell’umanità – ci impegniamo:
    • a contribuire, nella misura dei nostri mezzi, a investimenti urgenti di episcopati di nazioni povere; 
    • a richiedere insieme agli organismi internazionali, ma testimoniando il Vangelo come ha fatto Paolo VI all’Onu, l’adozione di strutture economiche e culturali che non fabbrichino più nazioni proletarie in un mondo sempre più ricco che però non permette alle masse povere di uscire dalla loro miseria.

  1. Ci impegniamo a condividere, nella carità pastorale, la nostra vita con i nostri fratelli in Cristo, sacerdoti, religiosi e laici, perché il nostro ministero costituisca un vero servizio; così:
    • ci sforzeremo di “rivedere la nostra vita” con loro;
    • formeremo collaboratori che siano più animatori secondo lo spirito che capi secondo il mondo; 
    • cercheremo di essere il più umanamente presenti, accoglienti…;
    • saremo aperti a tutti, qualsiasi sia la loro religione. Cf. Mc 8,34s; At 6,1-7; 1Tim 3,8-10.


Tornati alle nostre rispettive diocesi, faremo conoscere ai fedeli delle nostre diocesi la nostra risoluzione, pregandoli di aiutarci con la loro comprensione, il loro aiuto e le loro preghiere.
Aiutaci Dio ad essere fedeli.

martedì 30 ottobre 2012

Mostra INSIDE MOEBIUS a Poggibonsi

Fantastico entrare in un mondo fatto dei più grandi interrogativi che ci si può porre sulla rappresentazione di personaggi finti, ma forse perchè rappresentati in un istantanea, più concreti di noi.

Ci siamo persi nella bellezza di un Moebius a Poggibonsi che regala momenti di riflessione su se stesso, quindi sull'uomo, quindi su tutti noi.


 
 
 
 
 
Posted by Picasa