Dopo aver viaggiato con l'aereo per tanti anni, comunque
posso dire che ci sono ancora due momenti del decollo che non riescono a
lasciarmi indifferente.
Il primo, quasi subito dopo la partenza. Quell'istante in
cui no si è troppo lontani da non riuscire a distinguere le persone per strada,
ne troppo vicini da capire cosa stanno facendo. Li vedi là, che si muovono, gli
uni gli altri senza alcuna differenza sulla strada, in mezzo ad un campo, in un
parcheggio. L'enorme modellino, in questo caso di Firenze, si perde sotto ai
miei piedi, prima toccando apparentemente tutti i punti dell'orizzonte davanti
a me (quell'orizzonte permesso dall'oblò, sempre, perennemente, posizionato
sull'ala), poi rimpicciolendosi. Mentre mi perdo nella ricerca di particolari,
la mia città diventa ridicolmente piccola, in quell'ora in cui il sole riduce
l'ombra a una linea a 45 gradi, trasformando la prospettiva in una assonometria
senza profondità. Ma tutta questa apparente fredda rappresentazione in un
attimo mi rapisce il cuore, quando appare il mio Duomo, la mia stazione, i miei
quartieri, la mia strada di casa. E, per un momento, nella confusione cromatica
dei tetti tutti apparentemente uguali nel rossore generale, saluto casa mia. La
mia famiglia, la mia ragazza che è là, vicina, a studiare. Capisco in un attimo
che il mio cuore, o almeno una grande fetta di esso, resterà lì con loro.
Il secondo stimolo, il secondo impulso che mi è donato dal
varcare questa soglia gravitazionale è racchiuso in un solo, rapidissimo
istante, nel quale ci si rende realmente conto del decollo. Non è, come si
potrebbe supporre, il momento dello stacco definitivo dell'ultima ruota del
carrello dalla pista di cemento. E' una sensazione che prende alla testa, non
più al cuore, quando varchi la soglia tra terra e cielo. Come se avvenisse un
vero e proprio "passaggio di consegna". Come se due regni, che non si
espandono verso l'orizzonte, bensì trasversalmente ad esso, si stessero
perennemente combattendo le nuvole di giorno e le stelle la notte, con la luna
ed il sole che si danno il cambio, nell'arbitrio dell'eterna sfida.
Nell'istante di interregno ogni corpo viene invaso da una luce sovrannaturale,
che solo a coloro che ripongono attenzione è dato di vedere. Verde blu e viola
per un solo istante dominano l'orizzonte limpido e, diretti dal sole,
accompagnano in un coro maestoso colui che decide di migrare da un regno
all'altro, attento, restandogli sempre nella mente, tranquillizzandolo, nel
cammino sconosciuto dell'altitudine.
Quanto si nota che, oltre al succo di mela, servono anche il
vino sull'aereo?
Ed ora qui, Francoforte, a riportare pensieri scritti sul
sacchetto per le emergenze rubato all'aereo. Il pensiero non in avanti a ciò
che ci sarà domani. Quanto in dietro, a ciò che è rimasto a casa.
Vi penso. Tutti. E vi immagino felicemente,
spensieratamente, ognuno nel suo.
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