giovedì 31 maggio 2012

Voglia di ricominciare o paura?

Serata tranquilla in confronto a quella di ieri.lo Stress è calato e i ragazzi, Come ogni buon mercoledì universitario che si rispetti, sono usciti in piazza, a Ferrara. Ma rimangono tristi le giornate, non senti che parlare di scosse e di cose che non si dovrebbero fare durante un terremoto e anche dopo. E nonostante tutto esci stasera e ibridi ragazzi che si divertono , Ma che hanno nelle loro menti continuamente inconsciamente la paura.
Quando ero a Firenze volevo arrivare qua, a Ferrara, per poter fare la mia parte e aiutare in qualche maniera. Una volta arrivato qua l'unica cosa che ti accorgi che sarebbe utile fare è quella di andare via. Quando puoi ti trovi immerso tra persone che hanno perso gran parte delle cose che avevano ti prende la disperazione più profonda anche te. Quasi per osmosi la trasmettono. Ed ogni discorso confortevole che tu possa voler fare non serve a niente perché non riesci a capire quello che stanno vivendo loro. Molti studenti cercano in questo e il pretesto di rimandare qualche esame che non sono riusciti del tutto studiare. Mentre vedi alla televisione che qualche kilometro più in là, delle famiglie hanno perso tutto. In realtà non sai quello che devi pensare. Non sai come comportarti ti senti inadeguato in ogni istante. Allora alle volte io preferisco restare da solo e girarmi la città, osservando, guardando le persone, cercando di trovare nei loro sguardi una voglia comunque di dimenticare e di andare avanti. È facile trovarla alla sera quando le persone bevono per non pensare a ciò che è successo.
Più difficile, in verità, è trovare la stessa voglia durante le giornate, quando siamo bombardati da informazioni terribili.

mercoledì 30 maggio 2012

Messa in sicurezza. Ferrara. Terremoto. Paura

Continua, davanti alla Facoltà di Architettura di Ferrara e anche in tutta la città, la messa in sicurezza delle coperture. Asportazione di comignoli non sicuri e coppi pericolanti.

Fa effetto passare sotto alla struttura. In questo momento, conoscendo un minimo i rischi, avrei una certa difficoltà ad andare lassù.





venerdì 25 maggio 2012

Falling pieces - mutevolezza della mente umana

È assolutamente straordinaria la mutevolezza della mente umana durante l'arco di tutta una giornata. Stamattina. Una vecchia, mentre prendo caffè fuori da un bar vicino all'ospedale in cui era andato a fare delle analisi, mi viene incontro e quasi mi investe con il treppiede su cui riesce a camminare. Mi guarda. Mi sorride con degli occhi dolci, quasi quelli della vecchia zia che hai in campagna, che vai a trovare ogni tanto e ti riempie da mangiare tutte le volte e non è sazia lei fin quando tu non sei satollo. Questa vecchietta mi dice: scusami, ancora non ho preso la patente per questo coso. Le rispondo scherzando che dovrebbe mettere la P di principiante. Lei con un sorriso mi risponde: sclerosi multipla. Premio per una vita di lavoro.
Così quella vecchietta ha continuato la sua strada. Non faccio che pensare al lei da stamattina. E stasera ho speso sette euro in una birra e uno shottino al pub preferito. E, nell'unico momento di lucidità della giornata, dopo una serata tra amici, dopo un dialogo con una vecchietta che hai incontrato per caso, ti chiedi: ma è proprio giusto il modo in cui viviamo?
Non riesco a darmi pace stasera per questo pensiero. Spesso e volentieri si pensa alle ingiustizie della morte, ma all'ingiustizia della vita chi ci pensa?
Persone che passano stasera, vicino a me. La loro spensieratezza. Probabilmente hanno bevuto più di un bicchiere di vino, e con una chitarra in mano cantano per strada gli stornelli che hanno sentito poco prima.
Alle volte, anche se non trovo le forze, vorrei gridare con tutto me stesso qualche parola rabbiosa. All'ingiustizia, dell'ingiustizia, sull'ingiustizia che prende ognuno di noi e tutti quelli che ci stanno intorno. Come si fa a non accorgersene? Basterebbe non vedere, anzi, basterebbe non guardare. Come, ahimè, la maggior parte dei ragazzi di oggi fa. E se è vero che i ragazzi sono le risorse del futuro, allora il futuro che ci aspetta non è del tutto roseo. Quanto sia importante la consapevolezza sociale, ovvero il conoscere in qualche modo, anche minimamente, coloro che ci stanno intorno, non è cosa da poco.

Quando basta guardare.
Per capire che non siamo soli e che le altre persone hanno bisogno in ogni momento di noi.


martedì 22 maggio 2012

Fear of the dark? O, in verità, paura di niente?

Il gracidare delle rane in una sera che non sembra ancora estate. La solitudine nel parco sulle sponde dell'Arno. Forse la calma si ritrova in questi momenti. Allontanarsi da quelli che sono i rumori delle macchine e di tutto ciò che sentiamo ogni giorno per strada, ormai dove viviamo. Sento un cane abbaiare in lontananza. Sembra Arrabbiato e me lo immagino rabbioso. Mi volto e mi rendo conto che è molto lontano perché io lo riesco a vedere. Lontano dai miei pensieri. Mi abbandona in un istante e non ci ripenserò più. Ma so che lo incontrerò domani in mezzo alla strada. Torno alle rane, le rane e la "strada". Quando si cammina per i boschi nell'unico modo in cui le due cose si possono accoppiare, camminando e faticando, cercando sempre la strada in salita per arrivare in vetta alla montagna poter guardare giù. Abbandonando ogni tipo di immaginazione perché soltanto quel paesaggio va al di là di ogni cosa che si potrebbe mai pensare. Soltanto il verde dei pascoli e le rocce sotto i miei piedi. Adesso il suono di un ruscello. Una volta ogni tanto una passeggiata in montagna ti leva i pensieri più cupi che ritrovi ogni giorno quando cammini per quell'asfalto che non si dovrebbe chiamare strada. Come io oggi mi ero ritrovato, spesso si arriva ad un punto in cui dimentichi di quanto sia bello restare un da soli, riuscire a non pensare a tutto ciò che c'è di faticoso intorno a noi, lasciandosi soltanto abbracciare da un una leggera brezza di vento che accarezza il collo. La frenesia di alcune giornate che passano senza neanche che ci si possa render conto di ogni piccola gioia che la vita acida contrapposta alla gioia di un istante in cui non sei il re del mondo, sei "il mondo".

In un attimo tutti pensieri svaniscono, per la paura dell'estraneo che mi viene incontro, stasera, in questo giardino. Per quale ragione siamo così turbati da colui che non conosciamo? Sono uscito per fare una passeggiata. Per trovare "l'ispirazione". Come faccio quasi tutte le sere.
Il freddo mi ha passato un cubetto di ghiaccio tra le scapole quando una bicicletta si è avvicinata a me, mentre passeggiavo.
La paura dell'estraneo che ci attanaglia sempre, come dice anche Giorgio Gaber. E in fondo voleva soltanto delle indicazioni. Voleva soltanto sapere come uscire dal giardino. Non è una prigione. Ma probabilmente come lui in quel momento ha visto nel giardino una prigione noi tutti non vediamo quelle cose che per noi lo sono realmente. Una Prigione.
Dobbiamo strappare queste sbarre di carta, liberarci la mente dai preconcetti di ogni sorta. Come la paura di un estraneo, una sera, in un giardino. Non ha senso. Si dovrebbe vivere la vita con la stessa libertà in cui si vive quel momento in cima alla montagna. Sentendosi parte di ogni cosa che ci circonda, non avendo paura di essa. In fondo noi siamo come tutti e tutti sono come siamo noi stessi.

Impauriti dal guaire di un cane e piacevolmente liberi nel pensiero, sentendo delle rane gracidare.

gobbo senz'occhi - us and them




eppure io continuo a ripetermi e gli altri continuano a non capire. Cos'è questa paura che ci spinge a cercare una cerchia ristretta di amici e condividere i nostri interessi soltanto con loro? e comunque non siamo veri neanche ai loro occhi. Quanto è vero che è necessario apparire piuttosto che essere? Probabilmente dipende da come sei. Quattro di mattina.

Per la precisione adesso sono nove minuti alle cinque.

Per Ferrara. ne varrà la pena? Speriamo di sì, perché è buio e il mio corpo non è abituato a questo. penso che se un corpo arrivi un giorno ad abituarsi a questi viaggi e alle condizioni in cui ci costringono a farli, probabilmente quel corpo sarebbe deforme. Un gobbo senza occhi, pronto a consegnare il biglietto per l'obliterazione. Senza che ce ne rendiamo conto una gran parte di noi è già così. Il problema è che

-non vogliamo vedere.
-restiamo ingobbiti su quello che vogliono loro.

                     E cosa facciamo noi? Per la paura di pensare appena si avvicina chiunque in uniforme

-consegnamo il biglietto.




lunedì 21 maggio 2012

Paura, i fiori del male #bozza


<<quella maledetta paura.
era iniziato tutto per quella maledetta paura.
ed ora stava finendo.
un tempo nessuno aveva quella paura, nessuno si immaginava neanche di pensarci se non un attimo prima della morte stessa. aveva rubato le speranze che lasciavano vivere le persone. vivere. era una parola troppo vicina a quella "morire" negli ultimi tempi.>>
Luca era seduto nella sua camera. Sul suo letto. Con la sua pistola in mano. Fissava la porta e qualche volta concedeva uno sguardo al cielo lontano oltre il vetro della finestra. Non era stato facile trovare quella pistola. Le stelle rilucevano. Venere in quei giorni era luminosa fino ad un ora tarda in modo straordinario. Come se aspettasse. Aveva comprato la pistola da un ragazzo, un certo Sirio, in un Pub, in centro, la sera prima.
<<il ricordo della fine della vita di suo zio però lo tormentava. era successo più di dieci anni prima. era un ragazzo allora. ma ricorda distintamente le parole di sua zia durante la celebrazione, in quella chiesetta di campagna, nel riminese. Parlava di una vita serena. una morte tranquilla. era arrivata la sua ora e lo sapeva perché diceva ormai da qualche tempo di aver dato tutto alla vita e di aver ricevuto anche di più. era arrivata la sua ora. era tutto cambiato da quando aveva letto quella notizia. un tal professore che aveva scoperto una nuova sostanza. la sostanza non era niente di speciale in se per se. e nessuno ci aveva fatto caso. nessuno aveva dato alcun tipo di considerazione ai vaneggiamenti di quel vecchio professore. diceva che quella "roba" avrebbe cambiato "la vita". impressionante come di solito questa frase possa sembrare incompiuta. ma invece lo era. ed aveva cambiato la sua a tal punto che adesso, a distanza di qualche mese, si ritrovava completamente immerso nella paura da stare seduto sul suo letto, con quella pistola in mano. Nessuno dette credito alle parole del vecchio fino a che questo non tornò qualche anno dopo. Stessa conferenza di superscienziati che, sempre più vecchi e rugosi, affondavano sempre più nelle poltrone le loro ossa consumate. entrò. sguardo beffardo, passo sicuro, fin troppo, sembrava. ma ne aveva tutto il diritto. niente in lui era cambiato. niente. ma come in quegli anni neanche una ruga si era posata sul suo volto, in più di quelle che non ci fossero state prima, nei pochi mesi a seguire molte più crepe si formarono in tutti gli altri. non negli altri scienziati. in tutti. la chiamavano il fiore del male. perché lo allontanava. il principio era opposto a quello delle droghe che aveva conosciuto fino a quando gli spiegarono il funzionamento: il fiore del male non dava una soddisfazione momentanea. non regalava niente. apparentemente. forse per questo in un primo momento venne snobbato lo scienziato. non aveva neanche una prova di quello che stava facendo.>>
sul suo letto di camera Luca sudava. la paura lo stava mangiando da dentro.
ripercorreva a passi rapidi i pensieri che lo avevano portato in quella situazione.
<<aveva provato quella cosa per la prima volta masticando qualche parte del fiore del male. lo aveva portato una sera una sua amica. i primi tempi in cui veniva spacciato. non era una cosa di cui si aveva paura allora. in qualche modo avevano accertato che non aveva alcun effetto negativo sul corpo. ed era certo anche che non c'erano, apparentemente, effetti positivi. ma l'idea prese piede. dentro di lui come dentro tutti. il pensiero di allontanare ogni tipo di malattia. di ritardarla ed arrivare a ripensarci solo come ad un ricordo lontano. qualunque malattia. si sapeva che con quei fiori del male si arrivava a non dover neanche più pensare alle più pericolose malattie. come a quelle più innocue.
non si doveva più pensare alla morte. Ma qualche settimana prima, una sera, capitò che la sua amica non si fece più vedere. Luca la chiamò. Scomparsa. nessuno aveva avuto sue notizie. nessuno sapeva dove fosse. conosceva altre persone a cui fare riferimento per trovare il fiore del male. Chiamò e dopo alcuni tentativi trovò la sua dose settimanale. era incredibile come un pensiero avesse potuto infiltrarsi come un virus nella sua testa e avesse lì installato il dubbio. il dubbio di capire se fosse vero. lo dicevano gli scienziati. loro lo sapevano. era ormai terrorizzato. era alla terza settimana che non riusciva a trovare i fiori del male in nessuna maniera. aveva saputo che molti suoi amici, iniziando con dei furtarelli, erano diventati dei ladri di professione. tutto per comprare il fiore del male. fiore rilucente nella notte della vita che ti porta a sperare che questa non finisca. come una virale idea della possibilità di una vita infinita porta la paura della morte a dei livelli che non ci si sarebbe potuto mai immaginare prima, così nasceva nelle persone anche la paura della vita senza questa speranza. non ne aveva trovata più. non era stata colpa sua. e adesso la cercavano anche da lui. sarebbero arrivati da lì a poco a sfondare la porta? no. sapevano che non la aveva. ma la cercavano. la cercavano tutti. c'era chi viveva per quella. rubare, comprare i fiori del male. per paura di non vivere abbastanza.
ma si era reso conto che non era vita. non era più vita quella di colui che non tenta neanche di goderla solo per allungarla all'infinito senza riempirla.
non si era neanche reso conto che intorno a lui tutto stava degenerando e il fiore del male era diventata una sostanza tra le più illegali. ma perché?
perché allungava la vita.
perché uccideva la vita.
e lasciava tutti in un limbo tra la sofferenza di non vivere e di poter, in qualche modo avere più vita, perché quella che si avrebbe la si sta perdendo in questo momento per guadagnarne altra.
e la paura di star perdendo tutto non avendo più possibilità di avere un fiore del male lo stava uccidendo. non era più sopportabile il pensiero di non poter più allungare una vita che si era convinto essere troppo corta. prima le persone nascevano, vivevano e morivano. adesso si viveva finché si aveva la possibilità di trovare dei fiori del male. e lui non era più riuscito a trovarne.
fu colpa di quella maledetta paura.>>


domenica 13 maggio 2012

Le parole. Words.

Eccoci qui. Come ogni sera ci si ritrova a fare i conti con i propri pensieri. E una volta tanto con la propria voce. Quale infinita limitazione di fantasia ci hanno dato le immagini che ci vengono trasmesse ogni giorno e in molti momenti della giornata per di più dalla televisione. Ma non siamo soltanto polvere e ombra? Sicuramente l'ombra non è data dalle immagini che abbiamo visto durante la nostra vita, ma da quelle che riusciamo a trasmettere ai nostri cari. Il dono della parola, il dono di poter trasmettere una sensazione alle altre persone. Questo non è dato tanti di noi. Anche perché molti pensano a cavolate a cose che non hanno un senso reale, Molto spesso neanche per coloro che si trovano a pronunciarle. Eppure dovremo fare i conti tutti i giorni con le parole che pronuncia amo, tutti giorni dovremmo renderci conto che sono sassi che sono pietre che poniamo in una strada che quella della nostra vita. Soprattutto quando queste parole rimangono scritte da qualche parte. Che sia nei cuori delle persone, o su un blog Letto di sfuggita una sera, non ha importanza. Le parole rimangono mattoni che costruiscono case o palazzi immensi. Quelli che dovremmo riuscire a far crescere dentro e fuori di noi in ogni istante. Non ce ne accorgiamo molto spesso perché abbiamo la possibilità di trasmettere anche troppo ciò che diciamo. Come io stasera pronuncio parole a un telefonino e queste entrano a far parte della vita di qualcuno. Neanche io lo faccio, ma ci sarebbe sempre da chiedersi se queste sono le parole giuste. Se è esattamente ciò che abbiamo bisogno, e gli altri hanno bisogno, di sentir dire.

sabato 12 maggio 2012

Twitter?


La rapidità di informazione è spesso accompagnata dalla facilità nel dimenticare le informazioni acquisite.L’aspetto didascalico si sta annullando nei nostri giornali, figuriamoci nei tg e sul web, dove la velocità ha la meglio sul concetto. Non credo che la vita sarebbe più facile se SAPESSIMO tutto, ma lo sarebbe se CAPISSIMO le poche cose che sappiamo. Come si ha il distacco della scuola dagli studenti, che non capiscono il perchè di quelle informazioni, e si annoiano sui banchi, così dai mass media rapidi veniamo sommersi di news dell’ultimo secondo, senza che ci venga spiegato nel profondo cosa vuol dire e cosa comporta un determinato fatto. Conoscere ogni notizia non vale più se non c’è qualcuno che, in modo manifestamente parziale o imparziale, spieghi a noi, bambini a scuola di taluni argomenti, il significato di ciò.Ed è forse proprio questo il problema: non si ha più nessuno che ci spieghi e in qualche modo quindi ci porti ad (in)formarci su ciò che accade.E, soprattutto i più giovani, con noi, ci addormentiamo, annoiati da una lezione che non ci interessa.Pietro Massai

venerdì 4 maggio 2012

is it real?

Una realtà di stenti e di intenti, 


...a cui basta essere tradita da uno...


...per essere vana per tutti.